Ad integrazione dell’unitaria raccolta di “Scritti scelti” già pubblicata nel 2011, ho ritenuto di dover procedere alla raccolta ed unitaria ripubblicazione (questa volta, in rigoroso ordine cronologico) anche dei lavori che ho avuto occasione di dare alle stampe successivamente; e le ragioni...
Ad integrazione dell’unitaria raccolta di “Scritti scelti” già pubblicata nel 2011, ho ritenuto di dover procedere alla raccolta ed unitaria ripubblicazione (questa volta, in rigoroso ordine cronologico) anche dei lavori che ho avuto occasione di dare alle stampe successivamente; e le ragioni che hanno animato questa nuova iniziativa in larga misura rimangono quelle già evidenziate nella Prefazione ai precedenti volumi.
Ribadisco, quindi, di essere dell’avviso che iniziative di questo tipo possono essere utili, oltre che per agevolare il reperimento di lavori talora risalenti ad epoche non poco lontane, anche per meglio cogliere la genesi e l’evoluzione del pensiero del loro autore. Ma sento qui di dover aggiungere che la decisione di procedere alla pubblicazione di questa finale raccolta di scritti è stata anche determinata dal crescente disagio in me provocato dalle vicende che nel nostro Paese da ormai non pochi anni caratterizzano gli approcci scientifici e politico-giuridici alle problematiche tributarie.
Chi scrive ha avuto la fortuna di avviare i propri studi in un’epoca governata da una classe politica di gran lunga migliore di quella attuale, e di fruire anche della benevola attenzione di grandi Maestri del diritto (e penso soprattutto ad Enrico Allorio, Gian Antonio Micheli, Enzo Capaccioli, ed Antonio Berliri) che non poco avevano contribuito alla preparazione ed al varo (nel giro di appena due anni!) di quella profonda ed organica Riforma del preesistente ordinamento tributario italiano che fu attuata nei primi anni settanta del secolo scorso; ma penso che quel rapporto di proficuo connubio tra il mondo della “politica” e quello dei “Maestri del diritto”, ancora esistente sino alla fine del secolo scorso (come testimoniano il varo – nel 1997 – dei decreti delegati sulla riforma della disciplina delle sanzioni fiscali e l’emanazione – nel 2000 – dello “Statuto del contribuente”), sia entrato in una sempre più evidente crisi negli ultimi decenni; e ciò come convergente conseguenza (per un verso) del dilagare del populismo nell’azione politica, nonché (e per altro verso) del sempre più esteso ricorso alle tecnologie informatiche per l’assolvimento dei compiti rispettivamente propri sia dei contribuenti che degli Uffici e dei giudici tributari.
Quanto al “populismo”, non si può non ricordare come, alla fine del secolo scorso, proprio l’allettante e fuorviante “meno tasse per tutti” sia stato lo slogan di base della fortunata campagna elettorale di una forza politica che per molti anni ha poi assunto un centrale rilievo politico-istituzionale; è noto che quel proposito di fondo si è poi concretizzato nella disorganica e progressiva introduzione di una sterminata serie di misure settoriali di favore per le più diverse categorie di contribuenti e per le più eterogenee tipologie di fatti fiscalmente rilevanti, oltre che di reiterati “condoni” e “rottamazioni” di cartelle di pagamento, a beneficio degli evasori e degli inosservanti in genere degli obblighi fiscali; ed è superfluo dire che i frettolosi interventi settoriali e asistematici sono sempre fonte di contenziosi ed inconvenienti maggiori dei benefici che si vorrebbero conseguire; come emblematicamente dimostra (a tacer d’altro) il vasto contenzioso (con finale…retromarcia!) provocato dall’ardito tentativo volto a trasferire (attraverso un semplice mutamento delle etichette) nel campo dei rapporti paraprivatistici (invece che tributari) le modalità del concorso dei cittadini al finanziamento del servizio pubblico di nettezza urbana.
Quanto alle implicazioni delle “tecnologie informatiche”, non può certo negarsi che esse abbiano non poco semplificato l’operato sia degli Uffici che dei contribuenti; ma esse hanno anche reso più difficili i rapporti diretti tra i contribuenti e gli Uffici; il cui operato (non poco condizionato dal proclamato intento di fare “cassa” mediante la “lotta all’evasione fiscale”) sempre più spesso si fonda su risultanze meramente digitali ed essenzialmente costituite da elementi forniti (o non forniti) da soggetti “terzi”; primi passi nella direzione dell’istituzionalizzata sostituzione delle risultanze digitali alla realtà dei fatti sono già stati compiuti nel momento in cui è stata introdotta la possibilità dell’emissione di “accertamenti automatizzati” (da parte di un Ufficio unico nazionale, invece che da quello territorialmente competente) per predeterminate situazioni, e dell’implicito invito (per i lavoratori dipendenti) ad avvalersi della “dichiarazione precompilata” dallo stesso Fisco per l’assolvimento dell’obbligo annuale di presentazione della dichiarazione dei redditi; ed in questa medesima direzione sembra collocarsi l’emergente attenzione per la possibilità dell’esteso ricorso agli algoritmi della “intelligenza artificiale” per la generalizzata elaborazione degli avvisi di accertamento; con inevitabili riflessi anche sulle sentenze tributarie.
Da queste tendenze, occorre tuttavia prendere le distanze; ed è auspicabile che a ciò si provveda sollevando gli Uffici periferici dall’im-proprio obiettivo di fare comunque “cassa”, ed orientandone l’operato nella direzione dell’approfondimento (con il concorso del contribuente) delle peculiarità (in fatto ed in diritto) dei singoli casi concreti, rendendo sostanzialmente eccezionale l’insorgenza delle sempre aleatorie controversie giudiziali.
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