L’esistenza di ordinamenti che muovono da premesse culturali e giuridiche assai differenti può rendere difficile navigare le “acque aperte” della international litigation. Fenomeno diffuso nella prassi commerciale internazionale, gli accordi sul foro sfruttano gli spazi dell’autonomia priva...
L’esistenza di ordinamenti che muovono da premesse culturali e giuridiche assai differenti può rendere difficile navigare le “acque aperte” della international litigation. Fenomeno diffuso nella prassi commerciale internazionale, gli accordi sul foro sfruttano gli spazi dell’autonomia privata per dare certezza alla fase patologica del rapporto, in concorrenza ideale con le soluzioni offerte dall’arbitrato, e pongono in termini nuovi il tradizionale rapporto tra giurisdizione, sovranità e territorio.
Il lavoro analizza la disciplina degli accordi sulla giurisdizione, osservandola attraverso il prisma di quattro ordinamenti: Unione Europea, esempio di integrazione regionale avanzata, e Italia, Inghilterra e Stati Uniti. Dopo un necessario inquadramento storico, che contribuisce a spiegare il permanere di profonde differenze all’interno dei sistemi esaminati in punto di delocalizzazione e privatizzazione della risoluzione delle controversie, lo studio affronta le principali aree tematiche dell’istituto: qualificazione, separability e legge applicabile; validità, enforceability ed interpretazione; effetti processuali e sostanziali inter partes ed opponibilità ai terzi; meccanismi processuali e sostanziali di attuazione dell’accordo, tra litispendenza, anti-suit injunction e risarcimento del danno; e, infine, il rapporto tra scelta del foro e riconoscimento delle decisioni.
L’uso della comparazione permette di mettere in risalto i punti di contatto e le differenze che avvicinano ed allontano le quattro esperienze giuridiche, con una geometria non statica, ma variabile a seconda del tema trattato e che, a tratti, sorprende negli accostamenti. Paradigmatico in tal senso è il tema dell’efficacia ultra partes del patto, ove la fedeltà inglese al principio del privity of contract appare assai più vicina all’approccio continentale che alla generosità con la quale il diritto statunitense estende gli effetti ai terzi “non signatories”.
Il lavoro vuole offrire agli studiosi un contributo al dibattito sul rapporto tra autonomia privata e giurisdizione e agli operatori pratici degli strumenti concettuali per pianificare in modo efficace la scelta del foro: una pattuizione tanto delicata quanto cruciale, assieme alla scelta di legge, per garantire che il programma negoziale delle parti non venga stravolto nella fase del contenzioso.
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