Nel corso dei Lavori preparatori al Codice penale del 1930, gli stessi membri della commissione ministeriale avevano già prefigurato, ante litteram, l’istituto che oggi chiamiamo “autoriciclaggio”.
In particolare, al termine della seduta del 14 febbraio 1930 della prima sotto-commissione, era...
Nel corso dei Lavori preparatori al Codice penale del 1930, gli stessi membri della commissione ministeriale avevano già prefigurato, ante litteram, l’istituto che oggi chiamiamo “autoriciclaggio”.
In particolare, al termine della seduta del 14 febbraio 1930 della prima sotto-commissione, era emerso il seguente interessante quesito: «Che cosa accade se vi è un “di più” nel profitto del delitto? Ad esempio, se il ladro, avendo rubato centomila lire di titoli, abbia, speculando con essi in borsa, guadagnato un milione: a chi spetta la differenza tra un milione e le centomila lire?»; ad un tale interrogativo si era risposto in modo piuttosto lineare, quasi en passant, come se esso non sollevasse problemi particolari, né teorici né applicativi: «La relazione ministeriale afferma che il profitto ottenuto mediante l’azione criminosa va confiscato, ed accenna esplicitamente alla confisca di ciò che rappresenta impiego redditizio del denaro di provenienza delittuosa».
Come possiamo osservare, nell’impostazione generale dei codificatori, l’uni¬ca reazione ordinamentale a quello che veniva, in quella sede, denominato “impiego redditizio del provento di reato” consisteva nella sola confisca, cioè nell’ablazione giuridica del citato surplus di guadagno, in uno con l’ablazione della res proveniente direttamente dal precedente delitto; non si ipotizzò invece, nei Lavori preparatori, che l’ulteriore comportamento del reo, consistente nell’impiegare o nel sostituire il denaro provento di reato, potesse meritare un’autonoma sanzione, aggiuntiva rispetto a quella prevista per il “reato-presupposto”, in quanto un tale disvalore si riteneva, in qualche modo, compreso e assorbito in quello del fatto illecito già compiuto.
Un tale indirizzo giuridico-culturale era destinato a rimanere perlopiù immutato sino agli anni ’10 del secolo XXI, allorquando, soprattutto sulla scorta di vincoli di incriminazione di fonte europea e internazionale, il legislatore italiano si è determinato ad abolire – rectius, a limitare – il c.d. “privilegio di autoriciclaggio”, introducendo la nuova fattispecie delittuosa di cui all’art. 648-ter.1 c.p., oggetto del presente studio.
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