Mai come in questi ultimi anni l’attenzione di studiosi di discipline diverse, dagli storici agli economisti, dagli statistici ai giuristi fino ai politici e decision makers, è stata così alta nei confronti delle crisi finanziarie e, più recentemente, delle problematiche monetarie. L’interess...
Mai come in questi ultimi anni l’attenzione di studiosi di discipline diverse, dagli storici agli economisti, dagli statistici ai giuristi fino ai politici e decision makers, è stata così alta nei confronti delle crisi finanziarie e, più recentemente, delle problematiche monetarie. L’interesse verso queste due questioni cresce a partire dal 2008, l’annus horribilis del sistema bancario internazionale, ma anche l’annus genesis della prima criptovaluta, il bit-coin. Il crollo della Lehman Brothers, uno dei più grandi colossi bancari del mondo, nel settembre del 2008 e la pubblicazione, qualche settimana prima, ad agosto, del White Paper, il documento che stabilisce i principi teorici e di funzionamento del bitcoin, sono due fenomeni strettamente collegati tra loro . Il crack della Lehman, lo “scarafaggio”, avamposto di una “colonia” di banche duramente colpite in tutto il mondo dalla crisi, mostrò chiaramente le debolezze di un sistema bancario “fragile by design”.
Per molto tempo la letteratura storico-economica ha messo in evidenza il ruolo chiave delle banche nel processo di industrializzazione di un Paese, ritenendole fattori imprescindibili per il progresso economico. La crisi dei mutui subprime, per contro, ha portato allo scoperto l’altra faccia della medaglia, l’“azione nascosta”, o azzardo morale, che questi istituti possono mettere in atto per realizzare ingenti profitti, scaricando i danni delle loro speculazioni sui risparmiatori. D’altro canto, le politiche di intervento, intraprese dalle autorità centrali per evitare il crollo del sistema, hanno arbitrariamente salvato alcuni istituti lasciandone fallire altri, alimentando così la sfiducia nei loro confronti da parte dei risparmiatori, che si sono trovati in alcuni casi a perdere tutti i loro i capitali e in altri a pagare come contribuenti quei salvataggi.
Una delle parole che ricorre maggiormente nel documento di Satoshi Nakamoto, dietro il cui nome si nasconde l’identità di uno o più hacker, è infatti trust/trusted ovvero fiducia, utilizzata quindici volte in sole nove pagine e che insieme a honest/dishonest, ripetuta per sedici volte, evidenzia l’intento del suo creatore, ossia quello di dare vita ad una valuta digitale basata su una tecnologia affidabile e sicura, la blockchain, che sostituisca quella fiducia che il vecchio modello finanziario aveva tradito. Viene dunque proposto un sistema che per contrappasso è trustless e in cui la macchina (la tecnologia) intende sostituirsi all’uomo (alla fiducia).
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