Un volume incentrato su Open Banking e Open Finance appare scontare in prima battuta un difetto di definizione; risultando ancora troppo vaghe concettualmente tali locuzioni, anche nel ristretto àmbito degli operatori del settore bancario e finanziario.
D’altra parte, ad un’analisi più attenta...
Un volume incentrato su Open Banking e Open Finance appare scontare in prima battuta un difetto di definizione; risultando ancora troppo vaghe concettualmente tali locuzioni, anche nel ristretto àmbito degli operatori del settore bancario e finanziario.
D’altra parte, ad un’analisi più attenta del fenomeno sussiste l’impressione che l’Open Banking e l’Open Finance – che indiscutibilmente rappresentano un modo nuovo di concepire la gestione dell’impresa bancaria e finanziaria – se vengono spesso ricondotti alla più generale cultura e filosofia dei c.d. open data, in realtà esprimono e rappresentano una sorta di declinazione della c.d. open innovation, così ben teorizzata all’inizio degli anni 2000.
Inserendosi in questo solco, l’ambizione del volume, che si inserisce in un più ampio progetto dedicato alla finanza aperta, è dunque quella di mettere a fuoco i molti profili che restano ancora eccessivamente opachi, sia nel campo dell’Open Banking, che in quello dell’Open Finance.
Il guanto di sfida è raccolto dalle Istituzioni, dai cultori della materia e dagli operatori del settore che, ciascuno per parte sua, ha dapprima contribuito a sgombrare il campo da dubbi ricostruttivi, per poi offrire proposte di analisi e soluzioni operative.
L’auspicio consegnato dal volume a regolatori e interpreti è innanzitutto di ordine, nel groviglio normativo che ormai caratterizza la c.d. economia digitale. Ove invero sembra difficile negare che coesistano ratio legis tra loro a dir poco contraddittorie; con “intrecci” di (i) incentivi e libertà sui dati (si pensi alle regole delle PSD2 e PSD3) e (ii) divieti e protezioni (si pensi al Regolamento 679/2016 sulla protezione dei dati personali).
Ma c’è anche da confidare in un approccio multidisciplinare rispetto ai molti altri profili critici che caratterizzano la materia. Ad esempio, le conseguenze dell’Open Banking in termini di concorrenza; o anche le relazioni, e le possibili “sovrapposizioni”, tra Open Banking e Open Finance.
Senza comunque sottovalutare l’analisi di quello che appare uno degli obiettivi fondamentali (seppur ancora piuttosto trascurato) dell’Open Banking: l’inclusione finanziaria dei soggetti meno evoluti e vulnerabili; obiettivo affatto secondario rispetto a quelli, più studiati, della competizione e dell’innovazione.
Infine, rimangono da indagare i tanti fattori behavioral che sembrano remare contro l’Open Banking. E si pensi soltanto a quei diffusi comportamenti umani per cui, perlomeno in principio, si tende a preferire l’anonimato; o si è spesso restii a condividere con altri i propri dati personali; ovvero si possiede una tendenziale sfiducia nei confronti degli operatori non bancari.
Adelante, dunque, Pedro, ma con juicio. Si puedes …
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