Ormai è finita l’era dei manuali giuridici destinati a formare intere generazioni. Capaci cioè di rimanere guide più o meno immutabili per venti, trent’anni; lo testimonia, in effetti, anche la varietà e l’eterogeneità della più recente produzione manualistica giuslavoristica, analizzata con scrupolo da Gian Guido Balandi in un suo saggio pubblicato sulla Rivista “Lavoro e Diritto” nel 2016 e ben messa in evidenza in un webinar organizzato dall’associazione Labour Law Community nel 2021 (v. www.labourlawcommunity.org). La ragione potrebbe essere il sempre più rapido evolversi della normativa e della sua applicazione, specie ad opera della giurisprudenza: un’evoluzione rapida in generale, ma un po’ di più per quelle materie, come il diritto del lavoro e sindacale, che sono a diretto contatto con i mutamenti dell’economia e delle tecnologie. Non sarebbe però una ragione a nostro parere del tutto convincente. Infatti, da sempre, un manuale deve coniugare narrazione storica, individuazione dei principi e analisi critico-descrittiva del diritto vigente: e non è solo quest’ultimo ad essere toccato dall’incessante e rapida trasformazione dovuta ai fattori indicati. Purtroppo i tre aspetti sono indiscutibilmente molto intrecciati: persino la storia può essere raccontata in modo diverso quando ci si rende conto che certi assetti normativi, fino a ieri ritenuti indiscutibile punto d’arrivo di una branca del diritto, a partire da un certo momento possono apparire un’insopportabile palla al piede per realizzare nuovi equilibri, indispensabili per non rendere le norme ineffettive o del tutto anacronistiche. Inutile dire che neanche trincerarsi nei valori o nei principi ordinamentali mette un manuale al riparo della corrosione del tempo: a parte che sono gli stessi principi e valori ad essere messi concretamente in discussione con cadenze ben più ravvicinate di una volta (magari con esiti meno distruttivi), v’è comunque da ritenere che un testo attento a racchiudere solo quanto c’è di meno mutevole in una branca del diritto assolverebbe a una minima parte della sua funzione didattica e conoscitiva.
Non c’è dunque altra scelta che progettare e riprogettare continuamente i manuali e, in genere, gli strumenti della didattica.
Però anche in questo occorre aver misura. La tentazione di sostituire il manuale cartaceo con dispense o materiali più agili e fluidi – come per certi versi pure consentirebbero oggi la telematica e i vari dispositivi della tecnologia digitale – non è neanche da prendere in considerazione: fosse soltanto, lo si è già detto, perché un manuale non è (o non dovrebbe essere) un mero contenitore di nozioni e informazioni tarate su ciò che accade attimi prima del confezionamento del contenitore.
Oggi, in verità, un manuale è più che mai opera di difficile sintesi: tra conoscenza sedimentata e conoscenza meritevole di (o capace di) giungere a sedimentazione. Richiede filtro e sistemazione, oltre che una delicata opera di raccordo tra principi e innovazioni; innovazioni spesso più di dettaglio – o in prima battuta di dettaglio – ma che, a un certo punto, per la mole, finiscono per riflettersi, giocoforza, sulla tenuta o sugli stessi contenuti dei principi. Siamo lontani da soluzioni semplicistiche, in relazione ai mezzi come ai contenuti, per un manuale che voglia essere strumento didattico di formazione e non solo di informazione, più o meno affastellata.
Il manuale che presentiamo in questa quarta edizione – muovendo da tali consapevolezze e avvalendosi di esperienze precedenti – vuole essere un tentativo di significativa innovazione, pur nel rispetto della migliore tradizione della manualistica giuridica in genere e giuslavoristica in specie.
Il volume che il lettore ha tra le mani è in effetti il tassello centrale di un mosaico che richiederà un po’ di tempo per comporsi nella sua interezza. In quanto tale è un testo piuttosto sintetico – ça va sans dire, dall’autonoma e precisa identità – nel quale il diritto del lavoro e sindacale viene sistemato nella sua evoluzione storica (fino a circa un mese fa), nel suo fondamento valoriale e costituzionale, nelle principali categorie concettuali, dando conto degli assetti normativi anche più recenti – frutto di legislazione, contrattazione, giurisprudenza e dottrina –, con riguardo a tutti gli istituti di cui oggi risulta composta la materia.
L’approccio è soltanto in parte descrittivo, volendosi fornire sempre una chiave di lettura anche critico-valutativa del diritto positivo, pur nei suoi equilibri prevalentemente dinamici. Gli autori – e coloro che hanno generosamente collaborato con gli autori – hanno utilizzato il registro della sintesi, anzitutto concettuale, pur tenendosi lontani da troppo facili semplificazioni e schematizzazioni.
Ma, dicevamo, si tratta di un tassello. La sintesi spesso costringe a tralasciare tanti, probabilmente troppi aspetti di una materia che negli ultimi vent’anni si è andata complicando ed espandendo. C’è poi da considerare che molteplici possono essere gli sviluppi formativi successivi al tradizionale percorso di laurea (scuole di specializzazione, master, dottorati, corsi specifici per questa o quella figura professionale), per i quali occorre ampliare e arricchire la prospettiva di studio. È per far fronte a tali diverse esigenze che abbiamo concepito un inedito impianto, modulare, adatto a più d’una finalità.
A questo volume, infatti, ne seguono altri, di approfondimento monotematico, sempre a carattere essenzialmente didattico-divulgativo, dedicati alle grandi linee di sviluppo della materia o a singoli istituti (la sicurezza sul lavoro, i licenziamenti, il diritto sovranazionale, il lavoro pubblico, rappresentanze sindacali aziendali, lo sciopero, la sicurezza sociale e via dicendo). Gli approfondimenti, ancorché scritti o curati da autori diversi (in primis da coloro che a questo manuale hanno collaborato), si innestano sul tronco del manuale che qui presentiamo, e magari contribuiranno a cambiarlo in tutto o in parte nelle successive edizioni. Ne sono una riprova i due volumi già usciti in materia di sicurezza sul lavoro e di licenziamenti individuali, scritti rispettivamente da Gaetano Natullo e Vincenzo Luciani.
Continuiamo, quindi, ad augurarci di aver dato vita ad uno strumento nuovo, duttile e dinamico: per i contenuti, per le possibili molteplici utilizzazioni, per la capacità di proiettarsi nel sempre meno prevedibile futuro della disciplina del lavoro. Ovviamente i primi da cui attendiamo riscontri sono gli studenti. Saranno l’esito del loro studio, l’interesse e la passione che le pagine di questo manuale susciteranno a rappresentare il banco di prova più impegnativo del nostro sforzo. In effetti, gli esiti delle precedenti edizioni hanno contribuito non poco a orientarci nelle modifiche e nelle correzioni apportate a questo volume. Anche in tale ottica, quindi, siamo consapevoli del valore imprescindibile di un aggiornamento costante della nostra opera.