Il fil rouge del libro riguarda lo stretto legame esistente tra istituzioni ed economia, secondo una corrente di economisti che ritiene che le prime possono contribuire a migliorare i fatti dell’economia. Il ragionamento si lega alla capacità delle istituzioni di rispondere efficacemente ai bisog...
Il fil rouge del libro riguarda lo stretto legame esistente tra istituzioni ed economia, secondo una corrente di economisti che ritiene che le prime possono contribuire a migliorare i fatti dell’economia. Il ragionamento si lega alla capacità delle istituzioni di rispondere efficacemente ai bisogni dell’economia e della società poiché, come afferma l’economista Douglas North, Premio Nobel per l’economia nel 1993, esponente fin dagli anni ’60 insieme a Fogel ed Engerman della nuova storia economica americana, le istituzioni “riducono l'incertezza dei rapporti sociali ed economici, garantiscono i diritti di proprietà, e possono abbassare i costi di transazione poichè rendono più favorevoli le condizioni per lo sviluppo degli scambi”. Ma nello stesso tempo – questa è la tesi del lavoro – è anche vero il contrario, poichè sono proprio queste che possono impedire tutto ciò, se non si adeguano ai bisogni della società e del mercato.
Sulla base di tali premesse, la chiave di lettura per misurare la capacità delle istituzioni nell’assecondare i fatti dell’economia riguarda le “regole” che permeano direttamente o indirettamente ruolo ed azione di queste e che in qualche modo costituiscono le “invarianti” del sistema istituzionale. Queste attengono al rapporto legge/amministrazione, al processo decisionale in rapporto alla rilevanza degli interessi, alla struttura amministrativa ed alla dimensione degli enti locali, ed al rapporto tra politica e amministrazione. Tutte tematiche che si rivelano – per la loro inadeguatezza – sempre più un ostacolo che un vantaggio per lo sviluppo economico. Ma il lavoro si concentra soprattutto sul rapporto istituzioni economia e territorio poiché è acclarato che qualunque iniziativa economica incontra il limite delle discipline del territorio, specie riguardo ai poteri conformativi dei piani urbanistici degli enti locali. E si dimostra che ancora oggi l’urbanistica “governa” l’economia, ripercorrendo l’evoluzione della disciplina in rapporto ai processi di liberalizzazione, ancora irrisolti, introdotti dalla direttiva Bolkenstein.
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