La forza pervasiva della tutela dei diritti umani attraversa oramai tutte le diverse branche del diritto, coinvolgendo una pluralità di aspetti e richiedendo agli istituti giuridici una particolare capacità adattiva al fine di assicurare una tutela piena ed effettiva alla persona umana, inscindibi...
La forza pervasiva della tutela dei diritti umani attraversa oramai tutte le diverse branche del diritto, coinvolgendo una pluralità di aspetti e richiedendo agli istituti giuridici una particolare capacità adattiva al fine di assicurare una tutela piena ed effettiva alla persona umana, inscindibilmente legata ai suoi diritti. Dal dinamismo della tutela dei diritti non potevano rimanere esclusi il diritto amministrativo e il relativo sistema processuale, i quali, nonostante in un primo momento siano rimasti ai margini del sistema CEDU, sono stati progressivamente permeati dai principi cristallizzati nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nei relativi Protocolli addizionali, come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Questo processo di integrazione tra i due diversi livelli di tutela non è, tuttavia, privo di ostacoli: dall’angolo prospettico della giustizia amministrativa, il punto di tensione si è avuto in special modo con riferimento al giudicato amministrativo anticonvenzionale, intendendo con tale termine la regula iuris elaborata dal giudice amministrativo e cristallizzata in una sentenza divenuta definitiva, risultata a seguito di una sopravvenuta decisione della Corte europea non conforme ai canoni CE-DU. Come si tenterà di dimostrare, tale frizione è un riflesso inevitabile della regola, su cui si fonda l’intero sistema di giustizia convenzionale, del previo esaurimento dei rimedi interni di cui all’art. 35 CEDU, di talché il giudicato convenzionale sarà sempre necessariamente preceduto da una res iudicata nazionale.
Eppure, benché trattasi di una conseguenza fisiologica degli obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano con l’adesione al sistema convenzionale, allo stato non è dato ravvisare nella giustizia amministrativa un rimedio che consenta di rimuovere il giudicato amministrativo anticonvenzionale, così da garantire piena tutela al ricorrente risultato vittorioso a Strasburgo.
Si rende, pertanto, necessario indagare i riflessi nel processo amministrativo di una sentenza della Corte EDU che accerti, appunto, l’incompatibilità con le norme convenzionali di un giudicato amministrativo cristallizzatosi sulla medesima vicenda processuale. Muovendo dalle ragioni che hanno portato la Corte costituzionale, nella pronuncia n. 123 del 2017, a non ammettere l’introduzione di un nuovo motivo revocato-rio nell’art. 395 c.p.c. che consenta la cedevolezza del giudicato amministrativo in ragione di una sopravvenuta sentenza convenzionale, il presente lavoro si propone di pervenire all’individuazione di strumenti giuridici interni, di cui il diritto amministrativo e la giustizia amministrativa sono potenzialmente dotati, volti ad armonizzare quella che diversamente rischierebbe di essere una disfunzione sistemica.
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