La “scoperta” del mondo dell’immateriale ha lentamente provocato, prima nell’ordinamento economico e poi nell’ordinamento giuridico, una vera e propria rivoluzione che ha determinato degli effetti di notevole rilievo. La valutazione degli intangible assets rappresenta oggi un tema ampiamen...
La “scoperta” del mondo dell’immateriale ha lentamente provocato, prima nell’ordinamento economico e poi nell’ordinamento giuridico, una vera e propria rivoluzione che ha determinato degli effetti di notevole rilievo. La valutazione degli intangible assets rappresenta oggi un tema ampiamente dibattuto, reso attuale dal sempre più elevato numero di transazioni, nonché dalle normative agevolative a beneficio di coloro che su tali assets realizzano cospicui investimenti (Patent Box).
Al fine di comprenderne più puntualmente il valore, si è reputato necessario fare una ricostruzione di quelli che sono i principali beni immateriali in uso nella realtà fattuale. Già dalla fine degli anni Ottanta, la Scuola di Diritto Industriale in capo al compianto Professor Vittorio Menesini ha sviluppato studi e svolto ricerche tese a dimostrare la prevalenza del valore dei beni immateriali su quelli materiali principalmente nel campo economico, e quindi, de relato, anche in campo giuridico, con un impatto rilevante su tanti istituti giuridici che evidentemente costruiti e pensati da chi aveva in mente solo i beni materialmente intesi, sono stati gradatamente modificati ed adeguati alla nuova prospettazione. Storicamente, la prima conseguenza rilevante è arrivata sul fronte dei segni distintivi, dove, con l’esplosione dei c.d. marchi notori, soprattutto nel campo della moda, i beni immateriali, costituiti appunto dai marchi, hanno via via superato il valore delle consistenze materiali, quali stabilimenti, materie prime, ecc. Ciò è tanto vero che, già nel 1992, il legislatore interveniva in maniera decisa, eliminando dal trasferimento del marchio l’atavico obbligo di trasferire, insieme ad esso, l’azienda o un ramo di essa. Insomma, nei primi anni Novanta anche il legislatore percepiva l’autonomia giuridica e la forza economica dei beni immateriali e segnatamente quella del marchio. Parallelamente, percorsi similari sono stati fatti per i brevetti per invenzione, i software e i diritti d’autore, che sempre più hanno assunto un ruolo decisivo per il loro carattere di immaterialità e quindi di trasferibilità con utilizzo multiplo, che costituisce il presupposto anche del valore aggiunto economico ad essi riconosciuto.