Il presente studio vorrebbe costituire un sommesso ed interlocutorio tentativo, senza pretese di esaustività e completezza, di riscoprire la ‘verità soggettiva’ della colpa tramite un’indagine, alfine, ontologica (o essenziale), volta al superamento dell’impasse post-moderna della “colpa...
Il presente studio vorrebbe costituire un sommesso ed interlocutorio tentativo, senza pretese di esaustività e completezza, di riscoprire la ‘verità soggettiva’ della colpa tramite un’indagine, alfine, ontologica (o essenziale), volta al superamento dell’impasse post-moderna della “colpa di rischio” quale colpa iper-normativa o, più semplicemente, colpa solo normativa .Beninteso: l’onnipresente ed irrinunciabile filtro della normatività (quale antidoverosità della condotta, in quanto contraria al precetto cautelare) consentirà di fugare ogni paventato rischio di “inquinare” l’indagine giuridica sulla colpa mediante valutazioni o considerazioni di carattere psicologico od intuizionistico, come certe critiche all’ontologismo intendono prefigurare.Nella prima parte del lavoro, dopo un breve excursus circa il trapasso dalle teorie psicologiche alle teorie normative della colpevolezza, si cercherà di porre in luce il deficit di approfondimento che la categoria di “regola cautelare” sconta ancora, quale pesante ipoteca, in seno al diritto vivente; proprio tale deficit, come si vedrà, comporta che la nozione di “regola cautelare” venga spesso manipolata in malam partem ed in bonam partem, ben oltre i confini concettuali propri della “cautelarità” e ad essa coessenziali.Alcuni esempi giurisprudenziali e normativi, circa un’applicazione distorta della antidoverosità cautelare, ed anche del principio di concretizzazione del rischio, renderanno indispensabile fare il “punto della situazione” e trarre alcune brevi conclusioni – sia pur assolutamente interlocutorie – circa cosa debba essere realmente inteso per ‘regola cautelare’.Nella seconda parte del lavoro – ci si consenta, vero cuore pulsante della ricerca – dopo un ulteriore excursus delle principali teorie della colpa e, in particolare, del trapasso dalla causalità efficiente alla teoria della prevedibilità, verrà tematizzata la complessa e preoccupante parabola interpretativa che la ‘prevedibilità dell’evento’ ha subìto nella giurisprudenza degli ultimi decenni. Si avrà, così, modo di osservare lo slittamento dalla prevedibilità dell’evento hic et nunc verificatosi, alla prevedibilità della “classe” o del “genere” di eventi (che la regola cautelare mirava a prevenire), donde l’indebita sovrapposizione tra dimensione soggettiva della prevedibilità e dimensione oggettiva della concretizzazione del rischio (sulla scorta di una non condivisibile estensione, nell’ambito della colpa, della topica della objektive Zurechnung, nonché dei profili nomologici di ri-descrizione dell’evento tipico); e ciò sino agli ultimi approdi della colpa quale prevedibilità del rischio di un evento, declinata in termini di impossibilità di escludere anche l’evento peggiore (worst-case analysis) o l’evento-catastrofe. La recente sentenza sul terremoto dell’Aquila (avvenuto il 6 aprile 2009) costituirà un pregnante e fecondo banco di prova in cui enucleare e collaudare una tale “nuova” forma di colpa che, per l’appunto, verrà battezzata “colpa eventuale” (sull’evidente calco semantico del dolo eventuale).Proprio le stesse aberranti conseguenze derivanti dalla “colpa eventuale”, emergenti dal piano prasseologico e denotanti un vero e proprio scardinamento della colpa dal proprio alveo classico, renderanno ulteriormente impellente ed improcrastinabile la preannunciata indagine ontologica circa la natura della colpa quale vizio della volontà: se nella filosofia aristotelica furono, all’alba dell’Occidente, tematizzati ed indagati i più profondi gangli del vizio e della virtù e se da tale fucina emerse la nostra concezione della colpa quale fonte di biasimo etico e, dappoi, di imputazione e responsabilità giuridica, proprio attingendo al pensiero dello Stagirita sarà possibile ritrovare una bussola teoretica idonea a superare l’impasse della post-moderna “colpa di rischio”.Nella terza ed ultima parte del lavoro, infine, si affronterà il tema della evitabilità dell’evento, suddividendo immediatamente il medesimo in due “tronconi”: la dimensione oggettiva della evitabilità, quale “causalità della colpa”; la dimensione soggettiva della evitabilità, quale “esigibilità della condotta alternativa diligente”. Sotto il primo profilo, già di per sé sconfinato, si mostreranno le aporie derivanti da una declinazione della “causalità della colpa” in termini probabilistici di mero aumento del rischio (declinazione che, invece, appare perlopiù confutata ed abbandonata nel settore della “causalità materiale”). Sotto il profilo della esigibilità, invece, si cercherà di mettere in luce come il parametro dell’homo ejusdem condicionis et professionis, ove calato all’interno del tema della evitabilità dell’evento, possa condurre a soluzioni interpretative contrarie alla stessa natura e struttura della colpa.