“La legge provoca la collera di Dio”, ammonisce Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani. Talvolta, più sommessamente, provoca l’intervento della Corte costituzionale, l’organo chiamato a controllarne la conformità ai principi fondamentali, a sorvegliarne la ragio...
“La legge provoca la collera di Dio”, ammonisce Paolo di Tarso nella Lettera ai Romani. Talvolta, più sommessamente, provoca l’intervento della Corte costituzionale, l’organo chiamato a controllarne la conformità ai principi fondamentali, a sorvegliarne la ragionevolezza, a decretarne se del caso l’illegittimità: ad assicurare – insomma – la “giustizia nella legislazione”.
Questa attività è tanto più delicata in materia penale, dove la dialettica tra autorità e libertà si fa più serrata, e il confronto con i diritti fondamentali più radicale e a volte vertiginoso; e dove, al contempo, più accentuata appare la tendenza della legge a colorarsi di connotazioni politiche, e più forte – conseguentemente – la tentazione del legislatore a rivendicare piena autonomia. Proprio in quest’ambito, in ogni caso, la Corte si dimostra particolarmente vigile, specie nei tempi recenti, di fronte al susseguirsi di leggi penali spesso poco attente ai canoni costituzionali, rivelandosi capace di dar voce, con le sue pronunce, a diritti e garanzie non rappresentati nel circuito politico e dei quali pochi hanno il coraggio di assumersi la paternità.
Dietro alla Corte, però, un ruolo essenziale è svolto dal giudice che la interpella, “introduttore necessario” del giudizio incidentale di legittimità costituzionale con l’ordinanza di rimessione: questa deve fissare il thema decidendum destreggiandosi tra parametri di legittimità articolati e complessi, ed arricchiti oggi dai vincoli imposti dalle fonti sovranazionali (la normativa UE, le diverse Carte dei diritti – come la Carta di Nizza e la CEDU – e la giurisprudenza delle rispettive Corti), motivando adeguatamente la rilevanza della questione e la consistenza delle censure; il tutto secondo tempi, modalità e cadenze che presentano, non di rado, aspetti e criticità peculiari nel contesto penale.
Ed assieme al giudice a quo, un ruolo altrettanto protagonistico è svolto dai suoi possibili “suggeritori”, avvocato e pubblico ministero, che possono illustrare al rimettente il percorso più efficace verso la meta segnata da una pronuncia di accoglimento.
L’intento di questo volume è appunto quello di offrire una possibile “mappa orientativa” per chi si scopra a meditare il dubbio di costituzionalità, e, magari, si accinga ad interpellare la Corte: per cercare di evitare – in definitiva – che tale impresa possa apparirgli un misterioso ed imponderabile “lancio di dadi”.