L’indagine si occupa di un tema, quello delle “obbligazioni di non concorrenza” – che si colloca nello studio della cosiddetta disciplina giuridica della concorrenza e che intercetta segmenti disciplinari rispettivamente del diritto civile, del diritto di impresa, del diritto societario, del...
L’indagine si occupa di un tema, quello delle “obbligazioni di non concorrenza” – che si colloca nello studio della cosiddetta disciplina giuridica della concorrenza e che intercetta segmenti disciplinari rispettivamente del diritto civile, del diritto di impresa, del diritto societario, del diritto industriale e del diritto del lavoro –, sotto una lente di osservazione inesplorata, con un taglio ermeneutico di tipo assiologico: sondare se le risalenti disposizioni del codice civile disciplinanti limitazioni legali e convenzionali della concorrenza siano o meno state rivitalizzate – attraverso un meccanismo di “osmosi valoriale” dotato di capacità espansiva – a seguito dell’introduzione della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (contenente le norme per la tutela della concorrenza e del mercato). Ciò nel senso di essere divenute suscettibili di valorizzazione in ottica di protezione dell’assetto concorrenziale del mercato, pur nella regolamentazione di fattispecie non soggette al campo di applicazione rispettivamente né dell’art. 101 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), né dell’art. 2 della medesima legge n. 287 (per motivi dimensionali e/o di non consistenza della relativa restrizione alla concorrenza). L’Autore, dopo avere perimetrato l’oggetto della ricerca (individuando il precipuo contenuto delle obbligazioni di non concorrenza, nel solco della più ampia categoria delle obbligazioni civilistiche) e avere enunciato il criterio metodologico di analisi (fondato su quello che l’Autore definisce il cosiddetto “dato pregiuridico”, la cui incidenza è trasversalmente presente in tutti i capitoli), si sofferma sull’enucleazione dei valori sottesi alla disciplina concorrenziale nazionale ed eurounionale, evidenziandone le originarie differenze in termini assiologici e sistematici e rimarcando l’influenza operata dalla legge n. 287/1990 sui principi fondanti la tutela della concorrenza in senso oggettivo nell’ordinamento domestico. Il percorso argomentativo, anche diacronico, tracciato nei primi due capitoli, conduce la disamina alle riflessioni finali consegnate al capitolo terzo in un’ottica a prisma. In questa sede, il lavoro raggiunge conclusioni di tipo selettivo, verificando partitamente, per ciascuna delle disposizioni codicistiche scandagliate, la possibilità di integrazione disciplinare della primigenia visuale della libertà di concorrenza in chiave soggettiva – tradizionalmente indicata come caposaldo della disciplina codicistica scrutinata (nella sua impronta caratterizzata dalla possibilità di restringere, nell’esercizio dell’autonomia negoziale e a certe condizioni, la predetta libertà) – con quella della conformazione in senso pluralistico e concorrenziale dell’assetto del mercato, tipica della normativa antitrust.
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