Il sistema di repressione amministrativa dell’illecito urbanistico-edilizio, pur caratterizzato dalla presenza di vari e diversificati mezzi di reazione (misure ripristinatorie, sanzioni alternative, pene pecuniarie), evidenzia, ormai da tempo, un diffuso vuoto di effettività, al punto da rendere...
Il sistema di repressione amministrativa dell’illecito urbanistico-edilizio, pur caratterizzato dalla presenza di vari e diversificati mezzi di reazione (misure ripristinatorie, sanzioni alternative, pene pecuniarie), evidenzia, ormai da tempo, un diffuso vuoto di effettività, al punto da rendere spesso indispensabile l’intervento, in via di supplenza, del giudice penale, in una sorta di sempre più invasiva vicarianza penale. All’obbligatorietà e vincolatezza che, in una dominante logica punitiva, connotano il potere sanzionatorio della pubblica amministrazione, fino alla svalutazione delle garanzie partecipative e motivazionali, non corrisponde, pertanto, la reale effettività dei rimedi. Prende, così, corpo l’ipotesi di studio secondo cui, alla base dell’ineffettività dell’ordinamento urbanisticoedilizio, non vi sarebbe l’eccessiva discrezionalità attribuita agli enti comunali, quanto, piuttosto, un potere non esercitato, per inerzia, o non esercitato a pieno, sfruttando gli strumenti alternativi rispetto alla prioritaria misura ripristinatoria dell’ordine violato: rimedi e tecniche di tutela maggiormente raffinate, rispetto alla più radicale demolizione, proiettate verso i luoghi, le specifiche emergenze territoriali e le loro variabili esigenze. L’effettività della repressione amministrativa dovrebbe, allora, potersi giovare di una dosata combinazione tra obbligatorio esercizio del potere sanzionatorio e utile dispiegamento della discrezionalità nella scelta del mezzo di reazione più adatto e fino all’esecuzione, come attuazione graduata del potere di gestione del territorio. Un approccio più aperto alla discrezionalità, intesa in senso strumentale come scelta del rimedio più idoneo a riparare il tessuto territoriale ferito, per gestire il risultato fisico dell’abuso, potrebbe, quindi, rivitalizzare l’intero sistema, contribuendo a far riacquistare la perduta centralità al potere repressivo della pubblica amministrazione preposta al governo del territorio. Una ripresa della discrezionalità, in funzione della gestione degli abusi edilizi, che non sembra poter passare soltanto da settoriali interventi legislativi, richiedendo soprattutto, nella prospettiva segnata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una amministrazione di qualità, attiva e competente, assieme ad una impegnativa svolta culturale – un ritorno alla responsabilità e alla decisione –, sostenuta da una giurisprudenza maggiormente incline a valorizzare i profili valutativi insiti nel potere di repressione amministrativa.