La scelta del legislatore di dettare una puntuale disciplina della società per azioni, funzionale a supportare l’attività economica con un modello organizzativo efficiente, mal si concilia con la rinuncia a governare il fenomeno della paralisi sociale. L’unico accenno in merito si rinviene, tr...
La scelta del legislatore di dettare una puntuale disciplina della società per azioni, funzionale a supportare l’attività economica con un modello organizzativo efficiente, mal si concilia con la rinuncia a governare il fenomeno della paralisi sociale. L’unico accenno in merito si rinviene, tra le cause di scioglimento, all’art. 2484, 1° comma, n. 3), c.c., il quale riconduce allo stallo dell’assemblea la dissoluzione della società. Eppure, il perseguimento dell’interesse ad assicurare la conservazione della società in funzione della continuazione dell’attività economica permea tutta la disciplina societaria; il che è coerente con lo spiccato rilievo assunto dal profilo organizzativo. Si tratta di un aspetto noto da tempo alla dottrina giuscommercialistica, riscontrabile sin dall’epoca dell’abrogato codice di commercio.
Questa direttiva, peraltro, si declina, di volta in volta, in termini differenti in base alle specifiche caratteristiche delle diverse società. Così, nei tipi societari ove è dato maggior rilievo all’intuitus personae, il più marcato coinvolgimento dei soci nella gestione ed il carattere più elementare dell’organizzazione interna determinano che il perseguimento delle ragioni di efficienza non si traducono in regole rigide di funzionamento. Eppure, nelle società di persone si riscontrano regole idonee a fronteggiare, almeno in alcuni casi, lo stallo decisionale. È vero, infatti, che la paralisi determina lo scioglimento per l’insanabile discordia dei soci, che tradizionalmente è ricondotta all’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (art. 2272, n. 2), c.c.). È pur vero, tuttavia, che l’art. 2286, 1° comma, c.c. autorizza l’esclusione del socio che assuma un atteggiamento diretto esclusivamente ad intralciare l’attività comune, essendo un siffatto contegno riconducibile, per consolidata interpretazione, alla nozione di «gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale»; sicché, anche quando la società sia costituita da due soli soci, è possibile richiedere al tribunale l’esclusione del membro inadempiente, quando il conflitto sia stato determinato da un comportamento ostruzionistico.