Negli ultimi trent’anni il sempre più rapido progresso tecnologico, la globalizzazione dei mercati e delle esperienze individuali e collettive, la trasformazione in senso multietnico e multiculturale delle comunità in cui viviamo, la definitiva affermazione del fattore economico e il coevo affievolimento di valori un tempo condivisi, nonché la concorrenza in essere tra i diversi Paesi in termini di efficienza e capacità di attrarre investimenti, hanno determinato una forte accelerazione nel processo evolutivo dei rapporti tra consociati e, forse, più in generale dell’umanità nel suo complesso. Tutto ciò ha inciso significativamente (né poteva accadere altrimenti) su contenuti, ragioni e divenire del fenomeno giuridico.
Per fermarci a considerare l’esperienza italiana (ma circostanze sostanzialmente analoghe si osservano in tutti i Paesi europei di tradizione civilistica, nonché in molti altri ordinamenti nazionali), è evidente come l’evoluzione in parola abbia determinato, sul versante giuridico-privatistico, almeno due principali e fondamentali macro-fenomeni. Il primo dei quali concerne la radicale trasformazione dei rapporti tra legislatore e giudici, con la giurisprudenza che si è ormai decisamente attribuita il ruolo, e la relativa responsabilità, di interpretare ed applicare il diritto positivo in funzione evolutiva (o addirittura “normativa”, come la stessa Cassazione afferma sin dal 2009), così sopperendo al ritardo o all’inerzia delle istituzioni che, secondo la Carta costituzionale, nel nostro sistema hanno il compito di adottare le scelte di politica del diritto e tradurle in regole. Il secondo macro-fenomeno consiste nella nascita di un vero e proprio nuovo sistema delle fonti del diritto. Nell’ambito del quale, non solo gli atti normativi dell’Unione europea e le consuetudini internazionali sono oggi in posizione predominante, ma anche le fonti internazionali pattizie sono ormai considerate di rango superiore rispetto alle fonti nazionali tradizionalmente definite primarie, mentre tra queste ultime la riforma dell’art. 117 Cost. del 2001 ha attribuito alla legge regionale un ruolo nient’affatto marginale, con conseguente ulteriore ridimensionamento degli ambiti operativi della legge dello Stato.
L’alto livello di complessità della società, dell’ordinamento giuridico e dei rapporti tra l’una e l’altro – determinato da quanto appena accennato – ha generato un diffuso senso di smarrimento tra i giuristi in generale, e tra i privatisti in particolare. Non a caso, nella migliore dottrina specialistica, impegnata in un serrato dialogo a distanza anche con i filosofi, qualcuno ha suggerito, per fondare il diritto civile della ‘età della tecnica’ o, in altri termini, per provare a sottrarre le regole giuridiche al ‘giogo della post-modernità’, di ripartire dalle ‘Institutiones’ piuttosto che ‘ritornare a Parmenide’, mentre altri discorrono di crisi del diritto ovvero di ‘nichilismo giuridico’, ed altri ancora di irreversibile tramonto del diritto di matrice statuale che ha operato nel corso degli ultimi due secoli.
Fuori da tali contrapposizioni, può osservarsi che, in qualsiasi modo la si voglia interpretare, l’attualità impone allo studioso del diritto privato una rimeditazione delle categorie tradizionali e uno sforzo ricostruttivo che tenga conto non solo del nuovo assetto del sistema delle fonti, ma più in generale dei diversi elementi che contribuiscono a dar forma all’ordinamento, così come delle ragioni e delle vicende storiche, politiche ed economiche che spiegano perché i principali istituti si sono sviluppati nel tempo e operano attualmente in un modo piuttosto che in un altro, e infine dell’apporto che il diritto comparato e l’analisi economica del diritto stanno dando, e possono dare, alla continua ed efficiente elaborazione del dato normativo, tanto di carattere legislativo, quanto giurisprudenziale e dottrinale.
Agli studenti che muovono alla scoperta di questa branca del sapere giuridico, in definitiva, oggi più di ieri, occorre fornire gli strumenti culturali e concettuali essenziali perché possano maturare una concreta, e dunque consapevole, capacità di orientamento tra le regole, i principi e le loro dinamiche, ermeneutiche e applicative.
Da un lato vi è, dunque, l’opportunità di recuperare il momento storico, istituzionale, sistematico ed assiologico della materia; dall’altro – in una logica non già di contrapposizione, bensì di irrinunciabile completamento – l’esigenza di valorizzare e inquadrare, all’interno di una moderna teoria generale, il piano concreto e pratico in cui l’esperienza giuridica si svolge.
Da qui il tentativo di pensare un nuovo manuale, che propone ai discenti non solo, e non tanto, lo studio di una materia, bensì un percorso culturale che si snoda secondo le ripartizioni concettuali classiche del diritto privato, ma che si caratterizza per i contenuti originali e che cerca di tener in conto come in molti corsi di laurea il diritto privato ormai costituisca il primo (ed a volte l’unico) insegnamento giuridico. Il che suggerisce di prestare particolare attenzione ai temi introduttivi e di inquadramento generale della materia, così come alle nozioni fondamentali senza le quali lo studente non può orientarsi nella complessità dei fenomeni normativi dei nostri giorni.