Carl Schmitt, in un passaggio della Dottrina della costituzione, scriveva: “potrebbe immaginarsi che un giorno, per mezzo di ingegnose invenzioni, ogni singolo uomo, senza lasciare la sua abitazione, con un apparecchio possa continuamente esprimere le sue opinioni sulle questioni politiche e che t...
Carl Schmitt, in un passaggio della Dottrina della costituzione, scriveva: “potrebbe immaginarsi che un giorno, per mezzo di ingegnose invenzioni, ogni singolo uomo, senza lasciare la sua abitazione, con un apparecchio possa continuamente esprimere le sue opinioni sulle questioni politiche e che tutte queste opinioni vengano automaticamente registrate da una centrale, dove occorrerà solo darne lettura”. Era il 1928.
A distanza di un secolo, la rivoluzione digitale, che costituisce la cifra del nostro tempo, rende la previsione del giurista tedesco non più così remota. L’avvento delle Information and Communication Technologies (ICT) ha aperto, infatti, prospettive, possibilità e rischi sino a pochi anni orsono sconosciuti, trasformando, in profondità, il volto della società contemporanea. Per prendere a prestito le parole di Luciano Floridi, la rivoluzione digitale ci sta traghettando verso una nuova era, quella dell’iper-storia, ove “le ICT e le loro capacità di processare dati non sono soltanto importanti ma rappresentano condizioni essenziali per assicurare e promuovere il benessere sociale, la crescita individuale e lo sviluppo generale”. Ne è prova il fatto che ciascuno di noi è, oggi, compenetrato dalla realtà informatica, l’essere connessi è diventato parte integrante della quotidianità, sempre più simile ad un’infosfera, ossia uno spazio informazionale, sincronizzato, delocalizzato e correlato, ove “ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale”.
A risentire di questo passaggio epocale è, inevitabilmente, anche il modello democratico-rappresentativo, che è sottoposto a profondi processi di trasformazione ed evoluzione.