Una volta c’erano i ‘classici’. Almeno nell’area giuridica continentale, di civil law, nel “secolo breve” (fino alla soglia, cioè, degli anni ’90) la manualistica penale si concentrava in un novero ristretto (a un dipresso, mai più di un paio per ‘generazione’ accademica) di “s...
Una volta c’erano i ‘classici’. Almeno nell’area giuridica continentale, di civil law, nel “secolo breve” (fino alla soglia, cioè, degli anni ’90) la manualistica penale si concentrava in un novero ristretto (a un dipresso, mai più di un paio per ‘generazione’ accademica) di “summae” – esegetiche e, per successiva astrazione, dommatiche – della Parte generale contenuta nei rispettivi Codici di riferimento. Queste opere avevano solo indirettamente finalità didattiche, il loro primario scopo essendo - per così dire - ‘culturale’, vòlto ad esprimere, compendiandola in una sintesi sistematica poi declinata nella interpretazione dei singoli istituti penalistici, la personale visione della “teoria generale del reato” propria dei loro Autori. Ovviamente la loro diffusione più ampia era nella platea dei discenti delle varie Università, ma, in primis, esse rappresentavano per la comunità scientifica penalistica della loro epoca cui erano principalmente indirizzati, in virtù del grande prestigio dei loro Autori, un “punto di partenza” imprescindibile per ogni ricerca e riflessione più settoriale o specialistica. Successivamente, invece – e siamo al tempo presente – il ‘genere letterario’ del Manuale ha acquisito una ben più ampia estensione per numero di studiosi che vi si cimentano, ma, soprattutto, ha assunto principalmente uno scopo didattico, in funzione esplicativa e di completamento esaustivo, secondo la sua personale chiave interpretativa, del Corso di lezioni tenuto dal singolo Autore. Il che non toglie, ovviamente, che anche in questo caso (ma per una sorta di “effetto collaterale”) il prestigio dell’Autore possa fare dello strumento a vocazione didattica un importante referente culturale per la platea degli studiosi nell’intrapresa delle loro ricerche e/o per la conferma dei risultati di queste.
La collocazione della presente opera nell’attuale panorama penalistico è senz’altro immaginata nella seconda delle prospettive illustrate (quella didascalica); con l’ambizione, tuttavia (come del resto è di altri Manuali esistenti), di fornire una visione di insieme della materia modellata su di una ben precisa e unitaria ipotesi ricostruttiva (certo, ‘personale’ o, meglio in questo caso, ‘di gruppo’) dell’intero Sistema sostanziale edificato, nel nostro ordinamento, per ‘dispensare’ il “bene negativo” della pena. Questo è anche il significato della scelta del titolo del volume, per richiamare altresì l’attenzione che si è intesa dare alla dimensione non solo giuridico-formale, ma anche valoriale e lato sensu politica del diritto penale, quale strumento di gestione dei conflitti sociali; di massimo impatto, e come tale bisognoso di costante legittimazione.